Dal “CLASSICO” al “NON CLASSICO”
dal “NON CLASSICO” al “CLASSICO”

Cosa c’è dietro ad ogni “buon artista marziale non-classico” 

 

Vi sono oggi molti insegnanti che si fregiano di aver trovato scorciatoie e una via di accesso più facile e veloce per eccellere nel loro livello di pratica marziale con la motivazione di non praticare arti marziali ‘classiche’: a parte qualche caso eccellente, questa è di solito una scusa per evitare il duro e necessario lavoro che sa fare di un’arte marziale una vera arte per la sopravvivenza.

Consideriamo ora alcuni validi artisti marziali ‘non classici’ che sembrano avere abbandonato ormai da tempo la loro componente ‘classica’ per seguire una nuova via: il loro passato è di solito impregnato di arti marziali classiche, e Bruce Lee ne è il primo esempio. Nessuno dei sui allievi è mai giunto a quel livello di efficacia e capacità tranne, a mio parere, Dan Inosanto, che gli è arrivato vicino e che mostra un notevole retaggio di arnis classico alle spalle (ed è arduo trovare qualcosa di ‘più’ classico dell’arnis). Anche Larry Hartsell possiede un retroterra di lotta classica. Ho visto alcuni dei primi studenti di Bruce Lee, che ora hanno superato i 50 anni, che appaiono sovrappeso, poco tonici, non in forma e precocemente invecchiati: alcuni scrivono articoli in cui asseriscono di poter dare il meglio di sé con un pugno, ma sembrano così malati…

Al contrario, Dan Inosanto appare ancora molto in forma e in salute: ciò che davvero importa è infatti verificare se la loro arte marziale sia stata in grado di assicurare una buona conduzione della vita, e che loro stessi siano in grado di aiutare altri verso questo percorso. Si presuppone che un’arte marziale sia un sistema integrato e combinato di difesa personale, metodo di mantenimento della buona salute, di autocontrollo ed evoluzione: ritengo che si debba guardare indietro ai giorni in cui la nostra arte marziale faceva davvero parte di ogni famiglia come arte di sopravvivenza. Quando non avremo da difenderci in un pub o scontrarci con qualcuno in un ring o in un combattimento effettivo con delle regole, dovremo combattere le guerre…

Il capofamiglia, di solito il ‘maschio’, non era in grado di sapere se la sua famiglia vi sarebbe ancora stata al ritorno, la sua famiglia non sapeva se lui sarebbe ritornato quella sera: questa era la realtà della famiglia Yang , riconosciuta come quella dei più feroci combattenti in tutta la Cina, anche se molti, oggi, ancora parlano del Taiji come di una danza…

Naturalmente ai nostri giorni non abbiamo situazioni di minaccia o di pericolo, ma l’arte resta la stessa, e non vi è differenza tra i sistemi ‘interni’ per la salute e quelli rivolti al combattimento: si tratta della stessa energia. Durante i seminari, infatti, ad alcuni piace dedicare un giorno alla salute e un altro al combattimento, ma coloro che si prenotano per una parte soltanto perdono davvero qualcosa, poiché la salute e le arti marziali non possono essere separate. Così è come doveva essere, e come dovrebbe essere oggi.

E non è solo la cura di se stessi l’aspetto più importante: un appropriato artista marziale fa in modo di colpire gli avversari lasciando che sopravvivano; e un insieme di calci e pugni non è in grado di farlo, gli stili ‘classici’ sì. Bruce Lee aveva più di uno stile classico, e il Taiji era uno di questi. Ed è probabile che se fosse vissuto più a lungo, egli avrebbe riportato gli allievi ai suoi inizi, ed avrebbe insegnato loro come conoscere e non ciò che sapeva. Le basi delle arti marziali, sia che esse siano Karate, Taiji, Kung Fu, T.K.D, sono tutte contenute nelle forme classiche: qui si impara ‘il governo del corpo’, così importante nel volgere un semplice stile classico in un sistema per la sopravvivenza.

Non è possibile prendere i movimenti classici da una forma o Kata e trarne motivazioni per il loro essere: esse sono là per questo; se proviamo ad utilizzare tecniche desunte da una forma, perderemo. Una buona arte marziale non insegna la tecnica, ‘insegna’ piuttosto alla mente, attraverso il corpo e il suo movimento. I cosiddetti ‘stilisti non classici’ che mai hanno praticato uno stile classico, sostengono di non volere perdere tempo nell’esercizio di così tanti movimenti che sembrano senza significato. Ritengono sia più rapido, piuttosto che praticare Kata, esercitare le reali tecniche delle forme con un partner.

In questo caso il praticante ‘non classico’ ha perso l’intera idea del Kata, per il semplice fatto di non conoscerne appieno il vero significato: non si esercitano le forme per imparare la tecnica, si praticano per apprendere il movimento profondo di integrazione corpo/mente. E’ bene ribadire che questo non ha niente a che fare con l’apprendere la tecnica: se la mente non ha raggiunto questa inscindibilità con il corpo, non l’abbiamo raggiunta nemmeno noi, e non ci è quindi possibile imparare ‘il lavoro interno’ nell’esercitare situazioni di attacco/difesa con un partner.

Le abilità in un vero stile di sopravvivenza arrivano molto più tardi, quando si è appreso del tutto ‘lo stato di non-mente’, ‘la visione dell’aquila’, ‘il cervello rettiliano’ e ‘Fa Jing’. In questa sfera si fa uso dei nostri propri movimenti naturali differenti in ciascun ‘corpo-mente’.

Per i più il movimento naturale verso un attacco semplice-frontale può essere portare le mani davanti al volto, ma in questo caso tutto ciò che vi è da fare è volgere questo gesto – per lo più spontaneo- in un più devastante colpo di Fa Jing/Dim Mak, trasformandolo così in qualcosa di subconscio per qualsiasi tipo di attacco frontale con la mano. Questo dimostra che sono le forme classiche e i Katas le basi che insegnano a muoversi, e non l’aver imparato posizioni basse e movimenti esasperati da utilizzare nel combattimento.

Ma si è ancora molto lontani da questo concetto: si esercitano Katas che implicano molta disciplina, tanto da non poterne trarre vantaggio quando un pericolo reale lo richiederebbe. Mentre si diventa sempre più avanzati nell’abilità di sopravvivenza, si tende ad utilizzare sempre meno tecnica e si preferisce piuttosto tentare ciò che si è provato una o due volte allo scopo di sopravvivere: ma sono gli anni di lavoro classico che ci danno questa abilità.

Così eseguire le forme ogni giorno senza interruzione, non ci insegna come combattere, utilizzando quelle forme o Katas, ma ci insegna piuttosto come sopravvivere con tecniche molto più semplici, mentre si mantiene il controllo della posizione del busto e degli arti e un equilibrio appropriato. D’altro canto c’è chi pratica qualche, o molte, lezioni alla propria scuola di Karate o Kung Fu e si vanta , per questo, di conoscere le arti marziali: questi, magari studiando per anni, non le conoscono affatto poiché non hanno le hanno mai ricondotte ad un reale campo di sopravvivenza. Un artista marziale sarà sempre un buon combattente ‘da strada’ se avrà saputo portare la sua arte marziale ad un più alto livello di sopravvivenza, nella consapevolezza che tutte le forme e katas del mondo - da sole - non lo renderanno capace di combattere: dovrà imparare come combattere e come imparare la sua arte marziale.

Allo stesso modo, chi ha imparato da qualche libro, da qualche film, o da qualche lezione con insegnanti differenti, non avrà recepito nulla circa la sopravvivenza: sono le arti marziali classiche a trasmettere la ‘psicologia del combattimento’.

La differenza fra vincere o perdere è per il 50% (e spesso anche di più) mentale e 50% fisica: se non è stato raggiunto un completo controllo del proprio corpo/mente non si è raggiunto nulla.

E non è certo con qualche film di Van Damme o Gary Daniels, o apprendendo qualche calcio alto o qualche pugno veloce che tale controllo viene raggiunto…

Diamo uno sguardo a ciò che succede in un combattimento o durante un attacco: se si è in grado di osservare le azioni ‘al rallentatore’ si vedrebbe il lavoro di gambe e di braccia; se diamo uno sguardo a qualche buon kata, vedremo questo esatto lavoro di gambe e di braccia soltanto esagerato e abbassato. Questo è per comunicare alla mente in che modo dire al corpo di muoversi. Trovandosi in una reale situazione di combattimento, ciò accadrà istintivamente in modo più rapido, ma verranno utilizzate quelle stesse posizioni di gambe/braccia che in circa 10 o 20 anni di lavoro saranno state duramente praticate. Accade la stessa cosa quando si impara a tirare con l’arco: a poco a poco l’arco diventa una parte di noi, corpo e mente si fondono e finalmente si è in grado di colpire un bersaglio molto lontano con il solo subconscio.

Non occorre praticare le forme per sempre, ma solo fino a quando quei movimenti siano diventati subconsci: in questo modo, se si è coinvolti in un combattimento la manifestazione della tua arte diventa ‘non-classica’; nel momento stesso in cui bisogna combattere ognuno dovrebbe essere un artista marziale del tutto ‘non-classico’, ma è classico l’intero retroterra di preparazione, che richiede dure ore di pratica nei primi anni, ma che consentono di ottenere una buona condizione psico-fisica anche dopo anni di lavoro, quando magari non c’è il tempo di allenare tre o quattro forme al giorno perché impegnati nelle urgenze della quotidianità, perché attratti anche da altre forme artistiche o anche solo per il desiderio di comunicare ad altri ciò che si è appreso, e – ciò che conta di più – come lo si è appreso.

In maniera paradossale, dopo il lungo tempo impiegato ad acquisirlo, tale livello di abilità nella reale arte della sopravvivenza viene accantonato, perché crescendo tentiamo di allontanare da noi il pericolo e il combattimento, con la conclusione, forse, di praticare arti marziali per non dovere praticare arti marziali…

  

Testo di Emilio GRASSO

Emilio GRASSO, insegnante di Educazione Fisica e Terapista della Riabilitazione, praticante di Arti Marziali da più di trent’anni, praticante di Judo (1°Kiu), istruttore/allenatore di Karate 1°Dan nel 1979, “instructor” di JEET KUNE DO e KALI nel 1996, “Full Instructor2 di Taijiquan per la “World Taiji Boxing Association” di Erle MONTAIGUE, dirige ora la ‘MARTIAL ARTS & HEALING ACADEMY’.

Praticante e insegnante di stili cinesi dal 1982, approfondisce da anni la pratica più pura dello stile Hung Gar.