La “vecchia” scuola Yang Tai Chi Chuan

(da 'Kung Fu Magazine, Maggio '98)

 

di Emilio Grasso

Parlare di Tai Chi Chuan é forse una delle cose più difficili che vi possano essere nel panorama delle discipline marziali. E’ stata l’arte spesso più mistificata ed equivocata in modo tale da renderla, talvolta, irriconoscibile. Ricordo la prima affermazione che sentii da parte di Erle Montaigue: “ Il Tai Chi è Dim Mak !”. Mise in discussione tutti i preconcetti che mi ero fatto su questa disciplina.

Da quel momento il mio approccio ad essa cam­biò completamente: come potevano legarsi un’arte spacciata spesso per una disciplina da ‘Flower Power’ ed una invece potentissima, così sofisticata e così poco conosciuta? Questa do­manda mi ha portato a cercare di dipanare una massa di informazioni spesso equivoche che hanno avvolto questo mondo. I cinesi sono un popolo strano, spesso poco intelleggibile a noi occidentali. Ho sempre pensato, nel tentati­vo di districarmi nell’ambito delle arti marziali, che ci fosse ‘dietro’ qualcosa in più rispetto ad un’apparenza poco con­sistente mostrata spesso e che una forma di ‘raz­zismo’ di fondo ci facesse considerare come un popolo po­co incline e preparato ad apprendere principi estremamente elevati e sofisticati, che forse dei ‘geni’ avevano sviluppato. La storia della famiglia Yang è spesso citata in diversi libri: si parla delle gesta formidabili di Yang Lu Chan, dei suoi ferocissimi figli, fino alla svolta tracciata dal nipote Yang Chen Fu, grande propagatore, a livello di massa, di questa disciplina. Il dubbio che nel corso del tempo essa si fosse modificata rispetto alla concezione originale, mi è sempre rimasto. Leggendo i vari alberi genealogici traspariva che tra i nipoti di Yang Lu Chan si sentisse parlare solo di Yang Chen Fu, di Yang Shao Hou, poco o niente. La prima sco­perta che feci fu che l’insegnamento di Yang Shao Hou era completamente diverso da quello del fratello minore: il problema era riuscire ad arrivare alle fonti dell’insegna­mento. Cominciai a contattare Erle Montaigue in Australia, e mi resi conto di avere finalmente accesso ad una miriade di informazioni mai sentite da altri. Mi misi in contatto con praticanti interessati a questo approccio e mi accorsi che eravamo davvero pochi. Iniziai a lavorare sulla ‘vecchia forma’ Yang con James Uglow, a Londra. Capii che il ‘Fa Jing’ (sviluppo dell’energia esplosiva) era la parte preponderante di questa scuola. L'informazione portava indietro ad un antico sistema chiamato ‘ Hao Chuan’ (Loose boxing, boxe sciolta), ciò che realmente creò Chan San Feng, con il contributo della scuola degli eremiti Taoisti del Wudang. In Italia ricercai altri praticanti con cui allenarmi, e mi resi conto che eravamo pochi:la mia ricerca si fermava a Carlo Carlino di Bolzano e a Anthony Walmsley, che organizzava periodicamente seminari a Milano che iniziai a frequentare: l’approccio di ricerca a questa materia complicatissima, che pur nasceva da un utilizzo del proprio corpo estremamente semplice e naturale, affascinava entrambi. Ambedue ci eravamo resi conto che le informazioni sul Tai Chi Chuan in massima parte si era­no fermate a un livello elementare: probabilmente sul desiderio della famiglia Yang, ai primi del ‘900 si dettero direttive tali da consentire l’insegnamento del solo metodo 'esterno’ di esecuzione della forma , mantenendo segreto il livello più alto ed ‘interno’. La preparazione allo studio più elevato doveva essere veramente speciale: implicava il cam­biamento del modo di pensare, e questo non poteva esser fatto da chiunque. Solo cambiando il modo di pensare po­tevi cambiare 'te stesso', così da poter utilizzare davvero questa materia su qualsiasi piano da micidiale arte di combattimento a supremo sistema esoterico. Yang Shao Hou, fratello maggiore di Chen Fu, fu l’unico ad insegnare il sistema originario del nonno, ma data la difficoltà dell’apprendimento, gli allievi degni di nota furono realmente pochi. Chang Yu Chun fu uno di questi, e morì nell’87. Erle Montaigue, suo allievo, fu l’unico occidentale ad entrare in contatto con il sistema completo che è allo stesso tempo tecnica di percussione sui punti vitali, sistema di cura, autocura e sofisticato sistema di trasformazione e­nergetica. E’ questo il punto cruciale di tutta la storia: questi geni avevano inventato ed utilizzato uno strata­gemma, un sistema potente con cui poter gradualmente cambiare la propria struttura energetica. Ma questo implicava un vero sforzo, forse il più difficile: cambiare se stessi. E quanti sono davvero preparati a farlo... Inoltrarsi in questa materia risultò sempre più disarmante, più ci si addentra, e più ci rende conto di essere solo all’inizio di questo impressionante studio.